Il problema della denatalità, un rischio enorme per la tenuta democratica del Paese

“La natalità” dice Gigi De Palo “non è di destra, né di sinistra. Riguarda il futuro”

Gigi De Palo, che ci tiene a definirsi un “marito-padre di 5 figli-giornalista-scrittore-ideatore degli Stati Generali della natalità”, lamenta su Twitter quanto segue. «Non capirò mai» scrive, «perché si voglia fare polemica su un tema che dovrebbe riguardare tutti. La natalità non è di destra, né di sinistra. Riguarda il futuro e, se proprio vogliamo dirla tutta, metterà in difficoltà soprattutto i più fragili, i più poveri, quelli che non hanno assicurazioni sanitarie o previdenze complementari… Mi batto da circa 25 anni perché in Italia ci siano politiche familiari. E provo a farlo evitando le polemiche perché le polemiche sono la grande scusa che la politica utilizza per non risolvere i problemi».

Quella che De Palo pone è una questione che merita la massima considerazione. Perché riguarda un dramma, anzi un disastro, che minaccia la nostra società e che incombe sulle nostre teste. Almeno in Italia. E non soltanto perché, come si dice, tra qualche anno non ci saranno più risorse per pagare le pensioni o per sostenere la sanità pubblica. È un problema che metterà a dura prova addirittura l’intero apparato istituzionale e la tenuta democratica della società.

Per cui non si comprende perché si voglia ridurre la questione a qualcosa di ideologico. Come se la realtà, la cruda realtà, possa essere di destra o di sinistra. Non sappiamo a cosa De Palo si riferisca precisamente, ma sono sotto gli occhi di tutti le polemiche riguardo all’attenzione che il governo riserva, o dice di voler riservare, a una politica che favorisca l’inversione delle tendenze demografiche ormai al di sotto dell’insostenibile soglia della 400mila nascite annuali.

Anche il presidente della Regione Basilicata Vito Bardi ha annunciato la convocazione per il prossimo autunno degli Stati generali della natalità. «Il “Rapporto Annuale 2023. La situazione del Paese”, presentato dal presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli» ha dichiarato Bardi, «conferma il problema dello spopolamento come centrale nella vita pubblica della Basilicata. Si tratta di un trend iniziato venti anni fa, che apre prospettive drammatiche per i prossimi 20 anni, con la perdita prevista del 30% della forza lavoro. Per questo motivo, in autunno convocheremo gli “Stati generali della natalità” in Basilicata, aperto a tutti, con i contributi delle parti sociali, di esponenti del governo e soprattutto rivolto ai giovani. Lo spopolamento è il principale problema della Basilicata, come abbiamo messo nero su bianco nel “piano strategico regionale” approvato nel 2022, un documento inedito nel suo genere».

Contrastare le politiche del governo è una scelta di opposizione più che legittima. Ma allineare le politiche demografiche all’attuale quadro politico generale è un grave errore che porta a concludere frettolosamente che una politica quando dice di voler contrastare l’inverno demografico sia una politica conservatrice.

A pensarci bene – e invitiamo tutti a pensarci bene – è esattamente il contrario. Questo possiamo vederlo già oggi, di fronte all’innalzamento dell’età media che si registra in Italia e che assegna alla popolazione giovanile percentuali molto basse nella composizione della società. Se appena vent’anni fa – lasciamo perdere il paragone schiacciante con gli anni del boom demografico – si aveva una popolazione di ultrasessantacinquenni superiore di appena il 25 per cento rispetto agli under 14, oggi gli anziani con più di 65 anni sono il doppio dei minori di 14 anni. Fra qualche anno, quando questo gap si aggraverà ulteriormente e quando i ragazzi di oggi avranno la possibilità di far valere il proprio orientamento politico, attraverso il voto o altri strumenti di rappresentanza, difficilmente quei ragazzi riusciranno a essere determinanti negli indirizzi politici di governi inevitabilmente chiusi alle istanze giovanili e sempre più appiattiti su politiche conservatrici.

Come si può pensare che su scelte di somma importanza che riguardano il futuro, come le emergenze ambientali, debba essere determinante il parere di quella fascia della popolazione che in quel futuro non ci sarà più e non invece la volontà delle generazioni che in quel futuro ci vivranno e nel quale subiranno scelte che essi non hanno condiviso? E poco o niente si risolverà con la ventilata proposta di abbassamento del diritto di voto ai quattordicenni.

Di una “maggioranza politica degli anziani” e del loro conservatorismo, inevitabilmente tale per ragioni anagrafiche, anche le stesse forze conservatrici avranno ben poco di cui rallegrarsi. Perché una democrazia che non si avvale delle linfa rigeneratrice portata dalle giovani generazioni sarà una democrazia malata – malata non soltanto di vecchiaia – in una società ormai inaridita nella sua vitalità, nella sua forza ideale, nelle sue capacità di rinnovamento e in cui purtroppo ben poche tracce di democrazia saranno ancora vive.

© 2023 Tritto/Logos Natalità

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Paolo Tritto

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