È urgente aspettare
Ma non nascondiamoci le difficoltà. La prima è quella del programma. Si dice che un problema posto bene è già a metà risolto. Invece quando non si sa che esiste un problema, certamente non si troverà una soluzione. Come progettare se non si sa cosa si vuole? Osservo che si costruiscono migliaia di chiese senza porsi minimamente la domanda di cos’è una chiesa. Sembra una domanda inutile, tutti sanno!
Mi chiedo se è lecito costruire degli edifici esclusivamente adibiti al culto, alla misura delle assemblee di Pasqua e di Natale che saranno mezzi vuoti nelle domeniche normali e deserti in settimana? Si rifiuta giustamente di sconsacrare le chiese usandole per concerti, teatro, cinema, conferenze. La comunità civile eventualmente costruisce locali per questi usi, e tante volte la parrocchia che ne sente il bisogno fa lo stesso.
Un tale spreco può considerarsi evangelico? Non sarebbe auspicabile un accordo tra società civile e religiosa per locali da gestire in comune per il bene comune. Chi oserà fare il primo passo?
Chi oserà una comunione di beni che farebbe tutti più ricchi, a minor spesa?
Niente proibisce di festeggiare Natale e Pasqua e la festa patronale in un locale civile di dimensione adatta consacrandolo. Si potrebbe celebrare la messa domenicale in una sala polivalente della parrocchia, adeguatamente prevista per quest’uso. Diamo invece ai fedeli convinti un luogo dignitoso, non uno sgabuzzino, per la messa feriale e per la preghiera personale, l’adorazione al santissimo, la venerazione dei santi.
Monumento alla gloria dell’architetto e/o del parroco e dei generosi benefattori
È una tentazione grande per chi costruisce una chiesa, anche se si tratta di una parrocchia di un piccolo quartiere, di farne il monumento alla propria gloria. L’architetto per una volta può lasciare andare la sua fantasia e creare un’opera d’arte, un capolavoro da pubblicazione nelle riviste d’architettura. Tutto è possibile, tutto è permesso, sembra che si possa spendere quanto si vuole per farla grande, alta, per coprirla di marmi, di mosaici, vetrate, porte di bronzo, campanili mastodontici quanto inutili. Quanti di questi monumenti sembrano cadere dal cielo come astronavi senza nessun rispetto per il quartiere circostante, in lotta con gli altri edifici. Come sarebbe più evangelico se case e chiese si amassero!
Istruzioni per l’uso
Ma poi, quando è finita l’”opera d’arte”, tante volte si scopre che non è acustica, è riscaldata male, manca di servizi necessari per ogni luogo pubblico. E la comunità non sa come usarla. Si riempie di piante verdi, di altari clandestini, di fiori, di candele automatiche.
Per l’Avvento e per la Quaresima, i bambini decorano con ghirlande di atti d’amore la navata, il coro si riempie di grandi pannelli con buoni propositi, un armonium investe un lato. La vita, come la foresta vergine, prende il sopravvento sull’opera d’arte, il che sarebbe di per sé positivo, ma in questo caso si tratta di un monumento e non di una chiesa, e un monumento non è fatto per la vita e la vita lo umilia e ne è soffocato.
Lavoro ad équipe
Coinvolgere oltre l’architetto e il parroco, anche la comunità parrocchiale nella progettazione dell’edificio, sarebbe il minimo. Ciò rappresenta un vasto campo di studio e di realizzazioni. Ma risulterebbe un lavoro inutile se l’assemblea non presentasse le caratteristiche di modernità e d’armonia che chiediamo all’architettura religiosa.
Tanto dipende dagli architetti, dipende da loro conoscere il loro mestiere e ricordarsi che il loro lavoro è a gloria di Dio e per l’amore del prossimo. Se sottomettessero la loro ispirazione all’Ispiratore di ogni cosa, troverebbero le loro potenzialità moltiplicate.
Osiamo dire di più? Quando si conosce la potenza del lavoro in équipe e quella ancora più grande del lavoro fatto in unità da persone che mettono Cristo al primo posto nella loro vita, si sogna un’équipe di architetti, ingegneri, pittori, scultori, vetratisti… che vivono il Vangelo insieme nella donazione totale. Vedremmo uomini che in genere hanno tanta difficoltà a capirsi mentre collaborano alla stessa opera, ascoltarsi e comprendersi l’un l’altro. L’architetto non costruisce i muri solo perché un altro riempia i buchi. Il vetratista non ha I ‘unico desiderio di valorizzare la sua arte, e vetrate e architettura non si soffocano reciprocamente.
Il vero lavoro ad équipe contemplerebbe il muratore, il falegname, l’elettricista, lo scultore, il fabbro, il pittore, il ceramista, l’architetto e anche la vecchietta che accende le candele davanti alla statua della Madonna e dispone i fiori all’altare del Santissimo, tutti uniti attorno al parroco, con la parrocchia intera, per realizzare la gran missione di costruttori di chiese.
Gesù dei partigiani
Quello che è più nascosto, nel Tabernacolo chiuso come una cassa forte, Gesù eucaristia, il Santissimo, dovrebbe secondo me essere accessibile giorno e notte. Mi ricordo quando ho incontrato Frère Roger a Taizé, nel 1961, ci ha raccontato un fatto che mi ha fortemente marcato. Diceva di aver saputo di partigiani sud americani che, rischiando la morte, scendevano di notte dalla montagna nei villaggi per poter pregare Gesù nel tabernacolo della chiesa che il parroco segretamente lasciava socchiusa. Per solidarietà con questi cattolici lui, protestante, aveva deciso di mantenere sempre la presenza eucaristica nella sua cappella.
Porte di Bronzo o porte di vetro?
O addirittura chiese sempre aperte?
Profano e Sacro
Quello che colpisce in Giappone, è proprio l’alleanza del profano e del sacro. Non l’ho incontrato mai altrove in una misura tale. Nel secolo XV Ryoanji era stato edificato come la dimora di un principe. Alla sua morte, la casa fu data a dei monaci. Diventò un tempio senza subire modifiche, perché era già un’immagine del paradiso del Buddha! Questo modo di concepire le cose non si può trasporre nella nostra cultura. Immaginate il Re Sole che si converte e decide di dare il palazzo di Versailles a dei monaci per trasformarlo in una chiesa. Mai si riuscirà a trasformare Versailles in una chiesa! Oppure il papa che si “converte” e decide di dare San Pietro per offrire un tetto ai barboni di Roma. Mai si riuscirà a trasformare San Pietro in una casa! È vero in tutta la nostra tradizione c’è il sacro – o più precisamente il religioso – da una parte e il profano da un’altra. La società giapponese è molto secolarizzata da tanto tempo ma essa ha saputo conservare il sacro nel centro della sua cultura. Templi e case sono nello stesso tempo luoghi di preghiera e luoghi di vita normale.
«Lasciate venire a me i bambini»
Mi ricordo un sacerdote esasperato dalle grida di un bimbo nelle braccia della mamma che, gridando pure lui, ha espulso dalla chiesa mamma e bambino per rispetto alla sacralità del luogo e della liturgia… Penso che Gesù avrebbe preso in braccia quel bimbo e l’avrebbe coccolato…
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