25 aprile: il giorno della Liberazione

Il 25 aprile ricorrono 77 anni dalla decretazione di questa data, da parte del Governo De Gasperi, a Festa Nazionale della Liberazione d'Italia. Molte le polemiche, ancora oggi ricorrenti, e i tentitivi di annacquare il senso di questa ricorrenza che in realtà fu di tutti gli italiani partigiani nella resistenza.

L’Antifascismo e la Resistenza sono il fondamento della nostra Costituzione Repubblicana. Il 25 aprile, anniversario della liberazione d’Italia, è una festa nazionale della Repubblica Italiana perché in quel giorno del 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia diffondeva, tramite Radio Londra, e ogni altra radio clandestina, il messaggio cifrato con cui dava l’ordine di insurrezione generalizzata per l’una della notte del 25. A fare questo annuncio fu Sandro Pertini.

Oggi il significato di questa festa è più che mai attuale, è il fondamento del nostro essere cittadini, poiché con il sacrificio è stata scritta la nostra Costituzione e noi dobbiamo difendere questi valori, mantenerli integri e consegnarli alle nuove generazioni intatti e non banalizzati e stravolti. Non è certo per questo che tanti sono morti.

Ed è con questo spirito identitario ancora più forte e vitale che mai, che è fondamentale ricordare e analizzare un triste ventennio che ha attraversato il nostro Paese. E’ opportuno chiedersi com’è possibile ben addentro al terzo millennio scoprire ancora la presenza di germi di fascismo molto diffusi nella società, dopo tutto quello che è successo, dopo una guerra disastrosa, milioni di morti, l’infamia delle leggi razziali, i campi di sterminio, una politica interna economicamente fallimentare e una sanguinosa e lunga guerra civile Ma cos’altro avrebbe dovuto succedere per convincere gli italiani che il fascismo è stato una rovina? Il passare del tempo ha mantenuto il ricordo di un periodo così oscuro e violento d’Italia? A quanto pare la storia non ci ha insegnato abbastanza, non ci ha reso immuni.

Fu il governo guidato da Alcide De Gasperi, a decidere per decreto, che il 25 aprile di ogni anno sarebbe stata festa nazionale. Correva l’anno 1946, esattamente il giorno 22 di aprile.

E’ fondamentale, ancora oggi, riaffermare gli eventi e tutto il lavoro storiografico della ricostruzione dei fatti, che affermano una verità storica inconfutabile. Tutti coloro che hanno vissuto la lotta di Liberazione, al di fuori di ogni retorica e di ogni eroismo posticcio, ha solo il desiderio di raccontare quei fatti e il desiderio di essere capiti. Far comprendere l’importanza della scelta partigiana è imprescindibile per non confondere i campi della contesa, quanto mai chiari e distinti dopo l’8 settembre del 1943.

La riconquistata dignità di un popolo abbruttito dalla dittatura oltre ventennale, la si deve a tante piccole e grandi storie di uomini e donne che non si tirarono indietro, ma andarono incontro alla storia, accelerandone e definendone l’esito. La drammatica situazione spinse molti giovani e non solo ad affrontare rischi ed incognite, fu innanzitutto il desiderio di libertà e di riscatto da una stagione oscura, ignobile e senza futuro. Non dobbiamo, inoltre, separare l’elemento scientifico del lavoro storico dalla dimensione umana che molte fonti orali ci hanno trasmesso. La storia si rivolge agli uomini e alle donne ed è fatta di uomini e donne, diceva il grande storico Marc Bloch: ‘’chi rimuove nel racconto del passato, la dimensione umana, non solo non coglie il senso stesso del suo studio, ma è tuttalpiù un “manovale dell’erudizione”.

Carla Capponi, medaglia d’oro alla Resistenza, nel suo libro autobiografico scrive: “La consapevolezza che ci sono grandi forze di libertà e di democrazia nella realtà politica italiana ci rende fiduciosi, rafforzando in noi il convincimento che la Resistenza ha tracciato per sempre una separazione netta e riconoscibile. Essa è ancora un processo non concluso, proiettato in avanti. Un patrimonio che va sviluppato e difeso. Un processo problematico che trova nuovi momenti di crescita e che sente la democrazia come sbocco naturale della partecipazione”.

Il 25 aprile non è mai stata e non sarà mai una celebrazione retorica, e il modo migliore per dimostrarlo è attraverso il pensiero di chi ha vissuto quei momenti e di coloro che ne hanno raccolto l’eredità per non dimenticare.

Piero Calamandrei: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.”

David Maria Turoldo presbitero, teologo, filosofo, scrittore, poeta e antifascista italiano membro dell’Ordine dei Servi di Maria, organizzò la resistenza in convento: “E’ un modo di essere, dà ragione e concretezza alla fede”. Figura profetica in ambito ecclesiale e civile, è stato un sostenitore delle istanze di rinnovamento culturale e religioso, di ispirazione conciliare. Durante l’occupazione nazifascista di Milano (8 settembre 1943 – 25 aprile 1945) collaborò attivamente con la resistenza, creando e diffondendo dal suo convento il periodico clandestino l’Uomo. Il titolo testimonia la sua scelta dell’umano contro il disumano, perché “La realizzazione della propria umanità: questo è il solo scopo della vita”.

Primo Levi: “Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti”. (Primo Levi, Un passato che credevamo non dovesse tornare più, in: Corriere della sera, 8 maggio 1974).

Teresio Olivelli è la figura più emblematica della Resistenza d’ispirazione cattolica. Parte volontario come ufficiale degli alpini, ma torna profondamente trasformato dalla campagna di Russia, tanto da schierarsi con gli oppositori alla Repubblica di Salò dopo l’armistizio del 1943, e da aggregarsi alleBrigate Fiamme Verdi.Arrestato, scampato alla fucilazione e poi nuovamente catturato, finisce nel campo di concentramento di Hersbruck dove muore in seguito alle percosse subite per aver difeso un prigioniero ucraino. Dichiarato prima venerabile, dal 3 febbraio 2018 è beato. La preghiera di Teresio Olivelli, giovanissimo professore universitario, ufficiale degli alpini sul fronte russo, intellettuale, che aveva scelto la resistenza, morto il 17 gennaio 1945, resta uno dei testamenti più alti per comprendere l’idea di Resistenza: “Sui monti ventosi e nelle catacombe delle città, dal fondo delle prigioni, noi ti preghiamo: sia in noi la pace che tu solo sai dare. Dio della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi ribelli per amore… Ribelli, così ci chiamano, così siamo, così vogliamo essere, ma la nostra è anzitutto una rivolta morale. È rivolta contro un sistema e un’epoca, contro un modo di pensiero e di vita, contro una concezione dell’esistenza. Non vi sono liberatori, ci sono solo uomini che si liberano… Nella tortura serra le nostre labbra. Spezzaci, non lasciarci piegare. Se cadremo fa’ che il nostro sangue si unisca al tuo innocente e a quello dei nostri morti, a crescere al mondo giustizia e carità”.

Carlo Levi: “La paura della libertà è il sentimento che ha generato il fascismo. Per chi ha l’animo di un servo, la sola pace, la sola felicità è nell’avere un padrone e nulla è più faticoso e veramente spaventoso dell’esercizio della libertà”. (libro Paura della Libertà- Einaudi 1946).

Pochi giorni prima della Liberazione, Carlo Levi scrisse sulla “Nazione del popolo”:

 “Ma la lezione del fascismo non è passata invano. Il popolo non è più un gregge, in attesa, terrorizzato o adorante, dei cani e dei pastori. Egli sa che la democrazia non è uno schema formale né un metodo teorico, ma l’unità differenziata di infinite, viventi autonomie. Per questa democrazia, che è la sua stessa reale esistenza, egli è pronto a combattere”.

Scriveva inoltre: “L’avvenuta liberazione, la fine dell’oppressione, tuttavia, non è ancora la libertà. Perché si dia libertà, occorre partecipare, praticare un impegno pubblico come disponibilità a prestare il proprio tempo per la costruzione di un futuro condiviso”.

Ribelli per Amore

Gino Pistoni, Aldo Gastaldi, Luigi Pierobon, Giuseppe Perotti e tanti altri: giovani ispirati dal Vangelo diedero la vita per un’Italia libera e democratica. Tra essi anche tanti sacerdoti. E tante donne.

Per riannodare i fili della memoria e riportare alla luce, il giorno del 25 aprile e il contributo dei cattolici e della Chiesa cattolica nella lotta di liberazione contro il nazifascismo, alla Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, sede laica, civica e accademica, nel 29 aprile 2017, fu allestita, a cura del Centro Studi Giorgio Catti – istituzione che porta il nome di un giovane partigiano cristiano – proveniente dall’Azione Cattolica, fu allestita una mostra itinerario per una lettura di fatti, istituzioni e personaggi in senso tematico e diacronico, per far conoscere e restituire alla memoria storica, l’apporto, assolutamente originale, di coloro che si ispiravano a valori spirituali trasfusi soprattutto dalle encicliche papali, già durante il Regime fascista, soprattutto nei circoli dell’Azione Cattolica (associazione che a livello nazionale vide cadere 1279 soci e 202 assistenti e centinaia furono le medaglie d’oro al valore di soci e assistenti come ricorda lo storico Giorgio Vecchio).

Don Gilberto Pozzi, Lo “Shindler” di Clivio. Dopo l’Armistizio del 1943 fu uno dei “ribelli per amore” dei sacerdoti ambrosiani. Nel varesotto, al confine con la Svizzera, aiutò perseguitati, renitenti alla leva ed ebrei a espatriare. Don Pozzi non era un prete qualunque e oltre ad essere tra i fondatori della cellula O.S.C.A.R non mancava di fare squadra con i confratelli sacerdoti dei paesini limitrofi a Clivio. Per salvare vite umane occorreva lavorare nell’ombra. L’opera umanitaria di don Gilberto, della signora Nella, che in quegli anni era anche in attesa di un figlio, e di Luigi Cortile fu ostacolata dai fascisti tanto che don Pozzi venne catturato e imprigionato nel carcere di San Vittore a Milano. Uscì grazie all’intervento del cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano mentre il maresciallo Cortile morì nel campo di concentramento di Mauthausen-Melk. (Dal sito Chiesa di Milano del 24/1/2023 – Luca Frigerio)

Ed altri

Paolo Emilio Taviani, Maria Eletta Martini, Tina Anselmi per fare alcuni nomi noti, oppure i tanti cappellani delle divisioni dall’orionino don Giuseppe Pollarolo a don Berto Ferrari sull’Appennino ligure.Come non dimenticare i martiri del Martinetto a Torinoe il coraggio del comandante Giuseppe Perotti, ma sono davvero tanti gli esempi di eroismo cristiano che qui è impossibile elencarli, tutti esempi di dignità umana e superiore forza. (da Famiglia Cristina del 24/4/2017 – Luca Rolandi).

Settantotto anni fa la lotta partigiana liberò l’Italia dal nazi-fascismo. Nel 1948, si riscrisse il patto sociale attraverso una delle Costituzioni più avanzate del mondo. Oggi come allora siamo in campo per un’alternativa di società e per non dimenticare. Per tenere viva la memoria della nostra storia, va sempre rinnovata per rafforzare le radici di valori fondamentali per il nostro Paese, come la democrazia, la libertà e la partecipazione.

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Domenico Infante

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