In tempi difficili come quelli che si annunciano per una regione come la Basilicata, è sempre utile rivolgersi al passato. In questi casi molto forte può essere, infatti, la tentazione di cedere alla rassegnazione. Tra i tanti che non hanno voluto perdersi d’animo, in un’epoca altrettanto difficile, dobbiamo indubbiamente ricordare Enzo Cervellino, uno degli esempi migliori, non soltanto in terra lucana, della fecondità dell’impegno politico di un cattolico che ha avuto come principale punto di riferimento la dottrina sociale della Chiesa. E che, nella parola della Chiesa, ha trovato la forza di accettare la sfida che veniva dalle asprezze dell’epoca.
Profondamente radicato in un’esperienza di fede, egli conosceva le parole del Vangelo e della raccomandazione di Cristo: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno».
Cervellino nacque a Venosa nell’anno 1919 in una famiglia molto povera. Sebbene avviato agli studi ginnasiali, dovette prendere inizialmente un diploma magistrale per la necessità di ottenere subito un lavoro e un reddito che gli consentisse di proseguire negli studi fino al conseguimento della laurea. Così, dopo un breve periodo di insegnamento nella scuola elementare di Venosa, ottenne una cattedra in un paese vicino a Roma, circostanza che gli avrebbe permesso di frequentare la facoltà di Lettere nella capitale, presso l’università La Sapienza.
Queste prime esperienze mettono già in risalto l’idea che Cervellino aveva della centralità che ha l’educazione in un processo di crescita umana e sociale, idea che egli non abbandonerà mai e alla quale dedicherà le sue migliori energie, anche negli anni più impegnativi del suo protagonismo politico.
L’importanza di un percorso educativo, per la verità, era all’epoca generalmente avvertito in tutta la popolazione lucana. Poveri di risorse economiche, i lucani non avevano altra strada per migliorare la propria condizione se non quella di frequentare buone scuole, solitamente presso istituti religiosi e seminari. Anche Enzo Cervellino percorse questa strada. Ed è anche questa la “porta stretta” che raccomanda il Vangelo di attraversare. Perché un percorso educativo richiede pazienza, scrupolosa applicazione, serietà, sacrificio, umiltà.
Ultimato questo tratto di strada e avendo formato una famiglia, Cervellino volle tornare in Basilicata. Era l’anno 1945, la guerra era appena finita e il laicato cattolico avvertiva la grave responsabilità di doversi impegnare da protagonista nella difficile ricostruzione del paese. A questo proposito, Alcide De Gasperi aveva da poco pubblicato “Le idee ricostruttive”, un testo che traccia il solco lungo il quale potersi muovere.
L’àmbito che Cervellino privilegiò fu, anche in questo caso, quello educativo. Lavorò per l’istituzione di una scuola media a Rionero in Vulture, che poi sarà chiamato a dirigere personalmente, e di altri istituti scolastici nella stessa zona del Vulture. Da allora in poi sarà per sempre e per tutti “il preside”. Oggi si fa fatica a comprendere l’enorme portata storica di questo impegno educativo, ma nella Lucania degli anni Cinquanta l’istruzione era considerato un obiettivo primario perché l’analfabetismo allora largamente diffuso – era purtroppo la norma – rappresentava una terribile piaga con cui bisognava costantemente fare i conti. Era una battaglia “corpo a corpo” contro l’ignoranza – passi l’espressione – tanto che nei corridoi della sua scuola il preside Cervellino, come ricorda l’on. Pasquale Lamorte anche lui di Rionero, aveva fatto affiggere la frase “impara o vattene!”, una frase lapidaria che oggi sarebbe impensabile pronunciare ma che ben riflette le drammatiche circostanze dell’epoca.
Presidente di Azione Cattolica della diocesi Melfi-Rapolla-Venosa, aprì una sezione del Movimento Laureati Cattolici e dell’Unione Cattolica degli insegnanti di cui fu presidente regionale. Da qui fa il passo, allora piuttosto naturale, che lo porta a un diretto impegno politico e a candidarsi alle elezioni per il Consiglio provinciale di Potenza. Eletto nella lista della Democrazia cristiana, nella seconda metà degli anni Cinquanta ricopre, all’interno dell’amministrazione provinciale, la carica di assessore alla pubblica istruzione e al turismo. In questa veste adotta tanti provvedimenti di rilevante importanza, per esempio per migliorare la viabilità; quello che viene più frequentemente ricordato fu la costruzione di una funivia ai laghi di Monticchio che diventeranno così in quegli anni un’importante meta turistica e una grande opportunità di promozione territoriale.
L’assessore Cervellino favorì anche la valorizzazione delle risorse archeologiche, sostenendo campagne di scavo a Vaglio, a Pietragalla e a Venosa, i primi passi su una strada che porterà in seguito a fare della povera Basilicata uno dei territori più ricchi di testimonianze archeologiche.
Nello stesso tempo continuò il suo impegno per il potenziamento delle istituzioni scolastiche nel territorio, animato soprattutto dall’idea di consentire ai soggetti educatori un ruolo prevalente nella scuola, rispetto a quello svolto dallo Stato centrale.
(Continua nella seconda parte dell’articolo)
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