«Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te».
«Non temere, Maria: hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù».
Dal Vangelo di Luca (Lc 1,16.30.31)
Ecco quello che oggi celebriamo: la visita di un uomo mandato da Dio (questo il significato di Gabriele) ad una giovane galilea a cui annuncia che diverrà Madre di Dio!
E, nondimeno, il “Sì” di questa ragazza, di nome Maria, che risponde al messo celeste:
«Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto».
Dal Vangelo di Luca (Lc 1,38)
E Maria rimane incinta del Signore della Storia, del Salvatore.
Incipit vita nova: il Figlio di Dio è concepito come uomo nel grembo di Maria.
Ecco il mistero grande che ricordiamo oggi: il concepimento del Figlio di Dio nel grembo verginale di Maria, incinta per opera dello Spirito Santo, reso possibile dal sì di Maria.
E infatti, esattamente tra 9 mesi, il 25 dicembre, ne ricorderemo la nascita.
Non un fatto improvvisato, quasi casuale, ma un evento progettato dalla mente di Dio nel corso della storia della salvezza, atteso dal Padre.
“Termine fisso d’etterno consiglio”, dice Dante, di cui proprio oggi dovrebbe collocarsi il primo giorno del viaggio della Commedia (è fissato ad oggi il “Dantedì”).
O forse varranno meglio ad illuminarci le parole di Paolo:
«Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli».
Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Galati (Gal 4,4-5)
Quale evento più fondamentale di questo che ha spartito la storia in due periodi: uno “avanti Cristo” e un altro “dopo Cristo”?
L’annunciazione nella vita di ognuno di noi
Non è solo un esercizio di fede nell’incarnazione del Figlio di Dio, un po’ come ci vien chiesto a Natale, contemplare il mistero che oggi ricordiamo. Ma anche considerare che nella vita di ogni uomo passa “Gabriele”, un uomo (ma anche una donna, alle volte!) mandato da Dio a dischiuderci il piano di Dio sulla nostra vita. Progetto d’amore e di gioia.
Quella di oggi è una giornata ad accezione vocazionale che dovrebbe aver valore soprattutto per i giovani. E alle volte c’è bisogno di chi sia d’incoraggiamento nei giovani a pronunciare il proprio “sì alla vita”
Sull’esempio di Maria, dal cui “sì” si salvò l’umanità. La cui presenza è tanto fondamentale che le è stato tributato l’appellativo di “corredentrice”.
Una ricca antologia di oltre 20 opere d’arte.
Un mistero teologico così importante ha ispirato fortemente gli artisti di ogni tempo, sin dall’era paleocristiana.
Nelle Catacombe di Priscilla
Prima rappresentazione dell’evento che oggi festeggiamo, nelle Catacombe di Priscilla, a Roma, nella volta di una piccola cappella.
L’angelo Gabriele è rappresentato senza ali, come un messaggero di fronte ad un personaggio di alto rango, secondo l’iconografia romana. La mano sinistra sollevata e il braccio teso esprimono visivamente il suo ruolo: è il gesto che nell’iconografia classica indica l’atto del parlare. Lui non è altro che l’immagine della Parola, è la voce con cui Dio si rivela all’uomo.
Sull’arco trionfale di S. Maria Maggiore
Di poco successiva (V sec.), la rappresentazione centrale sui mosaici che sovrastano l’arco trionfale della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. L’artista pone Maria al centro della composizione, come “basilissa”, mentre fila (il fuso è sotto il braccio destro, mentre con le mani svolge la matassa di porpora, che trae da un cesto deposto per terra alla sua destra), come dal vangelo dello pseudo-Matteo.
Tra l’altro, “tessere” in aramaico è stesso verbo per dire “incarnare” (“Mi hai tessuto come un prodigio nel ventre di mia madre”, Sal 139)!
Tra gli affreschi di S. Marco
Un topos orientale che ritorna spesso accanto al fuso è quello del pozzo, di cui un esempio tra i mosaici veneziani di S. Marco.
Una tradizione ispirata al ‘Vangelo armeno dell’infanzia’, per cui l’angelo appare a Maria due volte: la prima volta, senza parlare, al pozzo dove la giovane attingeva l’acqua, la seconda volta in casa, dove Maria era intenta a filare un velo di porpora per il Tempio.
Il pozzo è simbolo di vita e fecondità e la brocca è rimando alla Vergine che in quel momento si prepara ad essere a sua volta ‘recipiente di Cristo’.
Simone Martini
Nella tradizione occidentale, invece Maria reca in mano un libro (la liturgia delle ore o la sacra scrittura: è dall’ascolto che nasce la fede indispensabile per pronunciare il suo “fiat”) e l’angelo un ramo di ulivo, segno di quell’alleanza che Dio fece con Noè nella notte della storia e che viene rinnovata con in Cristo nella pienezza dei tempi. È ciò che ad esempio ritroviamo nell’Annunciazione di Simone Martini.
Il beato “Angelico”
Emblematiche del primo Quattrocento le quattro Annunciazioni del frate domenicano Giovanni da Fiesole, il beato Angelico, tre su tavola e un affresco, tutti datati tra 1430 e 1440:
- la tavola per il convento di S. Domenico a Cortona, ora al Museo diocesano cittadino,
- la tavola per la chiesa di S. Giovanni Battista a Montecarlo di S. Giovanni Valdarno, ora nel Museo della Basilica di S. Maria delle Grazie
- la tavola per il convento di S. Domenico di Fiesole, ora al Museo del Prado a Madrid
- l’affresco per il convento di S. Marco a Firenze
Per primo l’Angelico ha inserito l’evento dell’Annunciazione nei cicli delle storie della salvezza, come in effetti è: ogni vita inizia nel momento del suo concepimento. Archi a tutto sesto e loggiati, con una bipartizione umano-divino dello spazio rispettivamente a destra e a sinistra, sono i dati ricorrenti nell’Angelico e in molti pittori rinascimentali.
Se l’annunciazione di Cortona fosse la prima, è originale per
- la grande quantità d’oro, segno di divinità: nelle aureole – di Maria, dell’angelo, del Padre (in fondo, nell’Eden) e dello Spirito Santo -, nel seggio di Maria, nella scrittura, un antesignano del fumetto ad alto livello (le parole che l’angelo pronuncia a Maria sono parola divina)
- per il particolare, in fondo, della cacciata dal Paradiso terrestre (Gen 3,20-24).
Con Maria si riaprono le porte del paradiso e si chiude un’era aperta con la disobbedienza dei primi uomini: Maria è la nuova Eva e, come ci dice la liturgia in Avvento, “la grazia che Eva ci tose ci è ridonata in Maria”. Ma la venuta di Gesù è preannunciata dai profeti, qual è Isaia plasticamente raffigurato nel tondo tra i due archi.
Al marmo del pavimento su cui l’arcangelo Gabriele è appena appoggiato si sostituisce una distesa di fiori nell’annunciazione di S. Giovanni Valdarno, in cui l’Eden abbonda pure esso di più fiori. Maria è come in un giardino: un appellativo medievale la dice ”hortus conclusus” in riferimento alla sua fecondità verginale.
E lo spazio dell’Eden si amplia notevolmente e risulta ancor più ricco di fiori nell’Annunciazione di Fiesole, dove altri dati originali sono:
- in alto a sinistra le mani di Dio che inviano lo Spirito Santo, rappresnetato con una colomba
- la scia di luce che lascia lo Spirito Santo nel suo viaggio dal Padre a Maria
- un angelo ‘custode’ al disopra Adamo ed Eva, vestiti e cinti sulla testa e sui fianchi di una corona di foglie di fico. Nonostante il peccato, Dio li riveste di una dignità nuova e manda chi possa accompagnarli nel cammino per il mondo nella nuova condizione di uomini peccatori
Originali infine le ali variopinte dell’angelo nell’Annunciazione affrescata nel Convento di S. Marco a Firenze, ma mancano il libro tra le mani di Maria e il profeta.
Leonardo da Vinci
Per l’importanza che Leonardo ha avuto nella storia dell’arte internazionale, non possiamo tralasciare la sua Annunciazione, ambientata nel giardino di un palazzo rinascimentale a primavera (infatti l’annunciazione si colloca il 25 marzo), e non in casa, sebbene in una giornata di nebbia, magari di prima mattina. Ancor più qui, Maria è nell’hortus conclusus. Originale la mano destra benedicente dell’arcangelo e la mano alzata di Maria in segno di resa disponibile: “Eccomi”. Novità del dipinto il giglio che l’angelo reca nella mano sinistra e sta per porgere a Maria, successivamente un ‘topos’ usuale, simbolo di purezza. Assente è lo Spirito Santo.
Sandro Botticelli
La tavola fu commissionata nel 1489 a Sandro Botticelli dal cambiavalute fiorentino Benedetto di ser Francesco Guardi per la cappella di famiglia nella chiesa di Santa Maria Maddalena in borgo Pinti a Firenze.
L’essenzialità dell’ambientazione, dove mancano quasi del tutto gli elementi di arredo, la sobrietà delle vesti dell’arcangelo Gabriele e della Vergine, caratterizzate da un ridotto uso di toni cromatici e di decorazioni, la gestualità accentuata e un po’ teatrale dei personaggi rispecchiano la ricerca di semplicità e il fervore religioso che si afferma negli anni della predicazione del frate domenicano Girolamo Savonarola.
Maria si alza dal leggio per entrare in dialogo con il messo celeste, gli si avvicina. La porta, più evidente che nelle altre rappresentazioni sinora presentate, allude a quell’appellativo di Maria “porta del cielo”. Anche qui l’”hortus conclusus” e, nella sinistra dell’angelo, il giglio.
Lorenzo Lotto
Quest’opera ci porta nelle Marche, di fronte al Santuario della S. Casa di Loreto, dov’è la vera casa di Nazareth in cui l’annunciazione ebbe luogo. Siamo nella patria del noto poeta Leopardi, Recanati – ai tempi, nello Stato Pontificio – dove la Confraternita dei Mercanti chiese a Lorenzo Lotto una pala d’altare per la nuova sede. Ormai sistematici il giglio e il libro, vi tornano l’”hortus conclusus” di Leonardo, la porta di Botticelli e sia il loggiato sia la figura di Dio Padre del beato Angelico. Ma manca lo Spirito Santo.
La mano dell’angelo indica l’alto, come ad attirare in Maria l’attenzione su quello che sta avvenendo in cielo, donde lui proviene, eppure Maria, quasi irriverentemente, vi dà le spalle per non darle al fruitore dell’opera.
In una casa popolare di Bologna: l’annunciazione di Carracci
Con Ludovico Carracci si apre quella riforma pittorica che a fine Cinquecento pone fine al sofisticato stile manierista e, in sintonia con i dettami della Controriforma, raccomanda agli artisti di realizzare opere che fossero comprensibili a tutti, didascaliche.
Siamo nella stanza, in perfetta prospettiva, di una qualsiasi adolescente in una casa popolare bolognese di fine Cinquecento. I modesti arredi sono quelli più diffusi nelle case bolognesi dell’epoca, come lo scarno armadietto a due ante che si intravede in fondo nella penombra, il letto sulla destra.
Maria è vestita con un accollato ed umile abito, ornato solamente dalla cintura ed è impegnata nella lettura di un piccolo libro di preghiere, quando viene interrotta dall’angelo che le consegna un giglio.
Alle loro spalle una folata di vento apre la finestra, dalla quale entra la colomba dello Spirito Santo. E, in fondo, realisticamente le “Due torri”!
Il sacro diviene esperienza tangibile e familiare.
Significativo è anche il modo di rappresentare il racconto dei vangeli, con la Vergine e l’Angelo raffigurati come due umili fanciulli che sembrano appartenere allo stesso ceto sociale dei ragazzi della Compagnia del Santissimo Sacramento che in quella stanza si incontravano.
Caravaggio
Non possiamo non soffermarci in questa trattazione monografica sull’Annunciazione nell’arte sull’opera di Caravaggio.
Particolarità sono l’angelo rappresentato in volo e di spalle, probabilmente non ancora atterrato, con lo stesso punto di vista di chi osserva l’opera, e Maria che è inchinata, al contrario del solito in cui inchinato invece è l’angelo.
Nel buio non si vede alcun libro e manca la presenza dello Spirito Santo. Potremmo pensare che nel suo realismo, si osservino il catino con un asciugamano e la sedia, Caravaggio abbia rappresentato ciò che qualsiasi presente alla scena abbia potuto vedere: non lo Spirito Santo, immateriale, frutto di un’esperienza spirituale.
Il dipinto di Jan Van Eyck, dentro una chiesa romanica
Dentro il dipinto riesce a catturarci il capostipite della scuola fiamminga, Jan Van Eyck. Originalissima l’ambientazione dell’evento – curata nei minimi dettagli come nella pittura fiamminga (si osservino le singole pagine del libro, la rifinita rappresentazione dei capitelli, la minuziosità nella rappresentazione di statue, vetrate e pitture di arredo della chiesa, i bassorilievi del cuscino bordeaux) – nella navata di una chiesa tardo romanica, sul cui pavimento sono rappresentate con altrettanto dettaglio alcune storie dell’Antico Testamento.
Come nel beato Angelico:
- sono riportate le frasi pronunciate dai protagonisti di questo evento, quella di Maria all’inverso per seguire la direzione della voce;
- sono rappresentati i raggi che indicano il percorso dello Spirito Santo che si ferma su Maria. Dalla finestra ne entrano sette, a rappresentarne i suoi doni;
- estremamente variopinte sono le ali dell’Angelo Gabriele, che qui ha anche corona e vesti regali e tratti del volto femminei.
Una variatio sul tema del giglio, vede il fiore già ai piedi della Madonna, mentre in mano l’arcangelo porta uno scettro.
Piero della Francesca
Come il beato Angelico, anche Piero della Francesca si è sperimentato più di una volta nella rappresentazione di questo importante tema dottrinale.
Prima sperimentazione, quella per il convento di S. Francesco ad Arezzo. Dio padre manda da un cielo chiaro perché sereno lo Spirito Santo sotto forma di nuvola. L’arcangelo incontra Maria e la benedice. Maria è colta dall’angelo nel momento della meditazione delle scritture, infatti ha il dito inserito tra le pagine del libro sacro per non perderne il segno. Si gira verso l’angelo che l’ha raggiunta, gesticola con lui: è il momento del dialogo. Un loggiato, topos rinascimentale, sovrasta Maria. La colonna “cristica” divide lo spazio terreno, a destra, da quello celeste a sinistra, come già abbiamo avuto modo di evidenziare nelle Annunciazioni del Beato Angelico.
Successiva rappresentazione è quella dell’annunciazione nella cimasa (la parte più alta) del polittico per il convento di Sant’Antonio di Perugia. Anche qui un loggiato, ma l’angelo e Maria sono davanti, non riparati dallo stesso. Come nell’Annunciazione di Arezzo, Maria è colta dall’angelo nel momento della meditazione delle scritture ed è visibile il dito tra le pagine del libro sacro. Maria e Gabriele non sono, però, rappresentati in dialogo ma nell’atto della “humiliatio”: non con le braccia alzate, ma conserte dice il suo essere “umile ancella del Signore”.
Maurice Denis
Denis è un pittore simbolista (post-impressionista) francese vissuto a cavallo tra Otto e Novecento, tanto impregnato di fede e spiritualità, da diventare terziario di San Domenico, ma nello stesso tempo non si isolò dal mondo e partecipò alla vita sociale del tempo.
Anch’egli si sperimentò più volte nella rappresentazione dell’Annunciazione. Di seguito riportiamo alcune sue opere.
L’arte contemporanea
L’Annunciazione è stata rappresentata anche in tempi recenti. Ad esempio da Arcabas, pseudonimo di Jean-Marie Pirot (1926 – 2018), “padre” dell’arte sacra nel ‘900 ha interpretato l’evento in questa tela.
Invasa dalla luce accecante, rappresentata in rosso, con un angelo in atto di riverenza, con le ali variopinte, e pesanti, in cui è evidente una stretta comunione con la Vergine, sottolineata dalla colomba, lo Spirito Santo, che unisce visivamente i due corpi. Una croce, allude alla presenza di Gesù, presente dal momento in cui Maria dice il suo “sì”. Pur nell’assenza dei dettagli, impossibili nello stile figurativo di Acrabas, è evidente la componente umana: Maria sembra molto timorosa (infatti, l’angelo le dovette dire: “Non temere!”), ma anche l’angelo sembrerebbe timoroso, quasi che umanamente preoccupato per il possibile fallimento di una missione così grande. E Maria, per lo spavento, si lascia cadere il libro sacro dalle mani.
L’attuale lezionario (edito nel 2009) riporta invece una “Annunciazione” di padre Costantino Ruggieri.
Infine, risale al 2021, l’“Annunciazione” del calabrese Massimiliano Ferragina, di cui abbiamo diversi capolavori in Diocesi (come la tela della trasfigurazione nel museo diocesano o la Pittura murale nel presbiterio della Chiesa “Madonna degli Angeli” a Bernalda). Uno stile più astratto in cui Maria, piccola, punteggiata da 12 stelle, è avvolta dalla luce divina, che occupa tutto lo spazio dell’opera. “Tu sei la piena di grazia, il Signore è con te” leggiamo in questo spazio luminoso dall’alto verso il basso. “Ecce ancilla Domini fiat mihi secundum verbum tuum” è la voce che dal basso sale invece verso l’alto.
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Il mistero dell’Annunciazione da Matera a Loreto
Nella nostra diocesi sono intitolate all’Annunziata due parrocchie, a Scanzano e a Matera (Rione Piccianello), nonché il Santuario di Picciano. La statua della Madonna di Picciano, a tutti ben nota, rappresenta Maria con le mani in alto in segno di resa davanti al progetto di Dio.
Nella nostra Italia, abbiamo il privilegio di avere la casa dove si è svolto l’evento dell’Annunciazione: la S. Casa di Loreto. Sì, è la casa di Maria di Nazareth, in cui l’arcangelo Gabriele irruppe nella vita dell’adolescente Maria. È lì, come riporta l’iscrizione posta in essa, che “Verbum caro factum est”.
La storia vuole che dalla Galilea al colle di Loreto siano stati gli angeli a portarla in volo per sottrarla alla furia anticristiana dei musulmani. Certo è che le analisi chimiche di frammenti di cemento e mattoni, hanno attestato che si tratta di materiali tipicamente mediorientali di circa 2000 anni fa. E la casetta posta al centro del Santuario lauretano non ha fondamenta. È lì che è stato concepito il Salvatore del genere umano e “la grazia che Eva ci tolse ci è stata ridonata in Maria” (cfr Prefazio IV domenica di Avvento).
Maria, donna del “sì”, com’è festeggiata oggi, aiuti anche noi a dire il nostro “Eccomi”, soprattutto i giovani che si aprono a comprendere il progetto di Dio nella propria vita, nelle tante chiamate che il Signore ci rivolge.
Buona solennità dell’Annunciazione del Signore!
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