Avviato il cantiere delle Quarantore

Giorni di grazia per la città di Matera che sta vivendo in contemporanea nelle sue 20 parrocchie la pratica delle solenni Quarantore.

A Matera dal 26 febbraio al 2 marzo un esercito in preghiera

Tra gli inviti che ci hanno rivolto i parroci negli scorsi giorni, molti di voi avranno fatto caso alla richiesta di indicare su un apposito foglio predisposto in chiesa uno o più turni di disponibilità per fare adorazione eucaristica durante le Quarantore.

Sì, in tutte le parrocchie della città di Matera, da oggi 26 febbraio, prima domenica di Quaresima, sino al 2 marzo, prossimo giovedì, giorno a tipica connotazione eucaristica hanno luogo le “Solenni Quarantore” o “Sante Quarantore”.

Di norma, queste giornate iniziano al mattino con la S. Massa, a cui segue l’esposizione eucaristica e durante tutta la giornata un susseguirsi di adoratori che, alle volte con una dose non indifferente di sacrifico, si impegnano a non lasciare Gesù non adorato. Sino alla benedizione eucaristica della sera, cui segue un’ulteriore celebrazione eucaristica.

Giornate di grazia, al principio della Quaresima, tempo privilegiato per la preghiera.

E di fatto quest’anno le ore sono più di 40, ma la pratica è sempre quella delle Quarantore!

Perché 40 ore?

Ma ci chiediamo: “Perché 40 ore?”, “Perché dobbiamo farle?”, “Cos’è di preciso l’adorazione eucaristica e come va fatta?”

Quaranta ore, secondo il calcolo di S. Agostino, dalle tre di quel giorno che gli Ebrei chiamavano “parasceve” alle sette del mattino dell’ottavo giorno: dal momento in cui Cristo “chinato il capo, spirò” all’annuncio della resurrezione.

Quale l’origine di questa pratica?

Le Quarantore, una pratica che pare sia nata in Dalmazia nel 1214 e fu poi portata in Italia a inizio Cinquecento (dovrebbe essere stata praticata a Roma in occasione del “sacco” nel 1527, come preghiera di intercessione e liberazione, e poi in concomitanza di altre calamità naturali, sociali o sanitarie). Lanciata dai Barnabiti e consolidata dai Gesuiti, per passare, poi, in Spagna, Francia, Germania e nel resto d’Europa. E poi nell’Ottocento negli Stati Uniti, allorché il Vescovo Neuman le introdusse nella diocesi di Philadelphia.

Se le Quarantore sono nate come una modalità di adorazione prolungata legata al venerdì santo, dobbiamo ricordare che i Gesuiti le proposero in forma solenne e festosa in occasione di uno spettacolo licenzioso, a cui dovevano costituire un’alternativa. E ci riuscirono pienamente. Si diffuse pertanto l’idea di celebrarle a Carnevale, tempo di trasgressione, e poi quattro volte l’anno.

Divennero poi una modalità di preghiera intensa in  occasione di grandi calamità naturali e ad esse fu associata l’elargizione di indulgenze.

“La storia dice che, durante i giorni della solenne esposizione, le città cambiavano fisionomia: i negozi chiudevano; i lavori dei campi erano sospesi; le barriere sociali cadevano e la fede rifioriva nel cuore della gente che imparava a pregare e a meditare. L’adorazione coinvolgeva tutte le categorie di persone che, giorno e notte, si avvicendavano in preghiera, spesso in modo inventivo e spontaneo, per quaranta ore davanti a Gesù Eucaristia.

Per tre giorni si stabiliva quasi una tregua Dei perché «i violenti diventavano mansueti; i ladri restituivano il maltolto; i falsari diventavano onesti; i nemici si riconciliavano; la gioventù si innamorava di Dio e i sacerdoti non si allontanavano dall’altare e dai confessionali»”

Egidio Picucci , “L’Osservatore Romano”, 2-3 maggio 2005.

Una staffetta di adoratori che non lasciavano mai il Santissimo “inadorato”, che si alternava nelle ore diurne e notturne. Questo il panorama delle Quarantore, nelle grandi città e nei piccoli centri.

Immaginiamo la nostra città che vede 20 parrocchie in contemporanea impegnate in questa pratica!

Parrocchia S. Famiglia – Un momento delle Quarantore

L’adorazione eucaristica

È opportuno che riscopriamo il valore e il culto per l’Eucaristia. I padri spirituali sottolineano l’importanza dell’attenzione nel ringraziamento dopo-comunione come elemento basilare per crescere nella spiritualità eucaristica. Fare adorazione (dal latino “ad orem”, cioè ‘alla bocca’, dove si porta il dito indice in segno di richiesta di silenzio, per rispetto verso qualcosa che è più importante) è ritrovarsi come i discepoli che 2000 anni fa si radunavano attorno a Gesù: lo ascoltavano, dialogavano con lui, rileggevano la propria vita alla luce delle sue parole, si convertivano. L’adorazione eucaristica è momento di discernimento delle situazioni della propria vita davanti a Gesù sacramentato.

Scriveva Giovanni Paolo II nella Lettera Dominicae Cenae (1980): «La Chiesa e il mondo hanno grande bisogno del culto eucaristico. Gesù ci aspetta in questo Sacramento d’amore. Non risparmiamo il nostro tempo per andarlo a incontrare nell’adorazione, nella contemplazione piena di fede e pronta a riparare le grandi colpe e i delitti del mondo. Non cessi mai la nostra adorazione!».

Anche il beato quindicenne Carlo Acutis sottolineava l’importanza dell’Eucaristia, sua “autostrada verso il Cielo” e dell’adorazione eucaristica, a cui dedicava del tempo giorno per giorno: “Mi aiuta a relazionarmi meglio con gli altri”, spiegava. E sottolineava come siamo tutti fortunati noi ad avere l’Eucaristia vicino casa, rispetto ai discepoli di Gesù che dovevano percorrere giornate di cammino per incontrare il Figlio di Dio.

Allora, cosa dobbiamo fare?

Parrocchia S. Giovanni B. – Matera

Siamo sollecitati a vivere in modo particolare il culto eucaristico in quest’anno che segue il Congresso Eucaristico Nazionale che ha ospitato la nostra Matera.

E’ stata predisposta una raccolta di testi biblici, magisteriali ed eucologici che per guidare l’adorazione eucaristica personale o comunitaria delle Quarantore. Lo schema seguito approfondisce il messaggio dell’Arcivescovo per la Quaresima. Si può scaricare il file in Word dal link in calce al documento per le necessarie modifiche.

E se qualcuno non l’avesse ancora fatto si adoperi per andare in parrocchia per prenotare qualche turno di adorazione se già non fossero tutti “occupati” o, ad ogni modo, si impegni a dedicare qualche ora a questa pratica.

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Giuseppe Longo

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