Il gesto del comandante Salvatore Todaro e il Mediterraneo “frontiera di pace”

Un articolo di Nello Scavo sul quotidiano Avvenire e un film con Pierfrancesco Favino.

In un articolo pubblicato l’11 febbraio scorso sul quotidiano Avvenire, Nello Scavo ripropone la storia del comandante Salvatore Todaro della marina militare italiana che durante la Seconda guerra mondiale, nelle acque dell’Atlantico, dal suo sommergibile colpì e affondò il piroscafo belga Kabalo con a bordo 26 marinai. Nonostante si trattasse di un’imbarcazione nemica, Todaro si adoperò per il salvataggio dei marinai della Kabalo, riuscendo a sbarcarli tutti sani e salvi sulle isole Azzorre.

Il nobile gesto di questo comandante è tornato d’attualità, avendo ispirato la trama del film “Comandante” di Edoardo De Angelis che vede Pierfrancesco Favino nelle vesti di Todaro. Di questa storia, memorabili furono le parole pronunciate dal comandante per giustificare il salvataggio dei nemici, decisione che gli alleati tedeschi trovavano riprovevole e che invece si inseriva nei tradizionali codici cavallereschi delle forze armate italiane. «Noi siamo marinai, marinai italiani» rispose Salvatore Todaro, «abbiamo duemila anni di civiltà, e noi queste cose le facciamo».

L’episodio avvenne, come si è detto, durante la Seconda guerra mondiale e nelle prime fasi del conflitto, il 16 ottobre 1940, mentre il sommergibile italiano navigava nell’oceano Atlantico. Ma se Nello Scavo ne parla oggi è evidentemente perché ha uno sguardo su un diverso mare, quel Mediterraneo solcato da imbarcazioni, spesso di fortuna, che trasportano poveri migranti alla disperata ricerca di un approdo sicuro, naufraghi di cui talvolta si mette in discussione l’opportunità del salvataggio.

Il giornalista di Avvenire ne parla per richiamare alla responsabilità di salvare “chiunque” rischi di affogare nelle nostre acque. “Nostre” sì, perché il senso di quei “duemila anni di civiltà” di cui parlava Todaro sta proprio in questo: il Mediterraneo è, fin dall’antichità, “Mare nostrum”. Non è soltanto questione di solidarietà. Ma, appunto, di civiltà. Una civiltà che è stata compromessa nel corso della Seconda guerra mondiale e che nessuno ha cercato di ristabilire, a parte il tentativo dei Vescovi con il progetto “Mediterraneo frontiera di pace”.

Uno dei principali obiettivi strategici che Churchill si era dato durante la guerra era quello del dominio inglese sulle acque mediterranee, bloccando le rotte commerciali preesistenti. Il progetto inglese consisteva nel riuscire a presidiare il Meditarraneo nel punto di accesso, Gibilterra, poi a porre una presenza al suo centro, con Malta, e fino al Canale di Suez. Le ragioni erano diverse. Innanzitutto si voleva neutralizzare Mussolini che tentava di allungare le sue mani nel Nord Africa e particolarmente in Libia; inoltre, ci si voleva assicurare un canale per raggiungere in sicurezza le colonie inglesi in Oriente, si voleva determinare un clima d’instabilità politica in Medio Oriente per favorire lo sfruttamento delle risorse petrolifere; infine, c’era l’obiettivo di spostare il traffico mercantile europeo sulle rotte nord-atlantiche, a tutto vantaggio dei porti e del commercio inglesi.

Lo statu quo che si è venuto a determinare, come si può immaginare, è indubbiamente esplosivo. Si può vedere la gravità della situazione che si è venuta a determinare in tutta la sua portata: una conflittualità sempre più accesa con il mondo arabo, un Medio Oriente senza pace, un danno economico per le regioni mediterranee dell’Europa – più direttamente lo vediamo nel Mezzogiorno d’Italia – di quella “Europa latina” che ha nel Mediterraneo i suoi naturali mercati; per finire, lo scandaloso fenomeno dei barconi dei migranti e la connessa, ripugnante realtà dei trafficanti di uomini.

Non c’è pace per il Mediterraneo, nemmeno di fronte al palese fallimento del progetto delle potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale: l’Inghilterra ha perso le sue colonie, non ha più il controllo del Canale di Suez, ha compromesso le sue relazioni commerciali con l’Europa; l’area del nord Atlantico, inoltre, non ha ormai alcuna competitività con l’area del Pacifico.

Esattamente un anno fa, i Vescovi del Mediterraneo si sono riuniti per la seconda volta per sostenere il progetto “Mediterraneo frontiera di pace”. Questa volta a Firenze, dopo la precedente edizione a Bari, con la ferma volontà di voltare definitivamente pagina. Nel documento conclusivo, sottoscritto insieme ai sindaci delle città del Mediterraneo, si invocano, tra l’altro, «iniziative condivise per il rafforzamento della fraternità e della libertà religiosa nelle città, per la difesa della dignità umana dei migranti e per il progresso della pace in tutti i paesi del Mediterraneo».

È questa un’utopia? No, con le parole del capitano Todaro potremmo dire: «abbiamo duemila anni di civiltà, e noi queste cose le facciamo».

Porta di Lampedusa – Porta d’Europa
Foto di Vito Manzari su Flickr

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Paolo Tritto

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