Istituti Teologici di Basilicata: al via un nuovo anno accademico
Lo scorso 12 dicembre, nel Seminario Maggiore di Potenza, si è tenuta la giornata inaugurale dell’anno accademico 2022/2023 degli istituti teologici di Basilicata.
Relatori, S.E. Mons. Salvatore Ligorio, arcivescovo di Potenza, e S.E. Mons. Antonio G. Caiazzo, di Matera, che hanno aperto l’evento con i rispettivi saluti; don Emilio Salvatore, presidente della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, che ha tenuto la lectio magistralis; le conclusioni sono state affidate ai proff. don Nicola Soldo, direttore dell’Istituto Teologico di Basilicata (ITB), e don Leonardo Santorsola, presidente dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose (ISSR) “A. Pecci” di Matera-Potenza.
Presenti anche S.E. Mons. Giovanni Intini della diocesi di Brindisi-Ostuni e S.E. Mons. Francesco Sirufo dell’arcidiocesi di Acerenza.
È emersa l’importanza del compito dello studioso della parola di Dio che richiede di non aggiungere nulla di proprio al vangelo: lo studio della teologia deve essere preso con serietà ed umiltà in quanto l’errata interpretazione della Parola di Dio e l’errata trasmissione del depositum fidei possono avere ripercussioni importanti sulla vita dei credenti.
Un accento particolare sulle responsabilità del fedele laico, sempre più chiamato a conoscere e testimoniare le ragioni della sua fede in un mondo in cui urge salvare le tradizioni di fede in un contesto di secolarizzazione, anche latente. Ecco il senso dell’amissione, abbastanza recente, dei laici all’Istituto teologico di Basilicata, tradizionalmente destinato alla formazione del solo clero.
Mons. Ligorio ha aperto il suo discorso rivolgendosi in particolare ai giovani studenti e sottolineando il ruolo del confronto tra laicato e clero: si intende ridurre la differenza qualitativa tra la formazione del clero e dei laici in modo da poter avere un confronto più proficuo sia nel privato che anche nell’impostazione della pastorale, in virtù di una formazione simile ma di sensibilità ed esperienze di vita differenti.
A riprendere il concetto dell’importanza dell’interscambio è anche don Santorsola: l’ISSR vede la netta predominanza di laici tra gli studenti, con una loro sensibilità “non clericale”, pertanto tali da costituire sempre più una risorsa per l’attività pastorale accanto al clero. E sul loro background tarare l’insegnamento di tali istituti.
Prezioso è stato l’intervento di Mons. Caiazzo che, citando l’intervento di Papa Francesco al recente Congresso Eucaristico nazionale tenutosi a Matera, ha denunciato il pericolo della vanità: per evitare di essere adoratore di se stesso e considerare l’evangelizzazione come un motivo di vanto personale, lo studioso di teologia deve innanzitutto ricordarsi di essere un credente come tutti, inserito in un cammino di fede – e sinodale – insieme agli altri, in conformità alla propria vocazione e nella consapevolezza dei differenti carismi ricevuti. Si tratta di adorare Dio non solo a parole ma nei fatti e nella verità riconoscendo il primato di Dio e del servizio rispetto al conseguimento di ambizioni personali. Questo ci permette di considerare il compito del teologo come un dovere per un bene più alto della comunità. Per questo il cristiano è chiamato ad annunciare il vangelo con le opere, creativamente ed in ogni dove, senza distinzione di persone e senza doppiezze di comportamento.
La lectio magistralis di don Emilio Salvatore si è snodata su due temi:
- l’esperienza religiosa nel cuore del Mediterraneo
- la tensione tra kerigma e culture.
Secondo Salvatore, la nostra esperienza religiosa deve riscoprire le forme di pietà popolare e deve preservare i propri tratti distintivi pur intersecandosi con altre culture non cristiane: si tratta di inculturare il cristianesimo nei popoli partendo dagli elementi in comune ai vari credo.
A chiudere l’incontro gli interventi dei direttori dell’ITB e dell’ISSR; particolare importanza riveste la riflessione sulla corretta modalità con cui il teologo neofita deve porsi nei confronti dello studio dei testi. Per don Nicola Soldo, si tratta di sostituire il detto di Cartesio “cogito ergo sum” con “cogitor ergo sum” o piuttosto “amo ergo sum”: non è il pensiero che dà senso al nostro essere ma la nostra capacità di amare. Il teologo non deve cadere nei pericoli dello gnosticismo e del pelagianesimo che inducono alla superbia insegnando a riporre eccessiva importanza allo sforzo razionale e della volontà, ma affidarsi alla grazia di Dio, sapendosi da Lui amati prima ancora di ogni merito personale e di conseguenza amando. Si tratta di non rinchiudersi nell’artificiosità di pensiero e nel sentimentalismo ma di coltivare la pietà che produce adesione al reale e di essere testimoni delle virtù teologali di fede, speranza e carità.
La testimonianza di uno studente. “La frequentazione dell’Istituto: momento di discernimento”
Mi chiamo Mario e mi sono iscritto all’ISSR “Anselmo Pecci” quest’anno, pur se con l’iniziale riserva dovuta al pensiero di non preferire il servizio concreto del prossimo ad un bene ipotetico e lontano nel tempo, e probabilmente anche nello spazio, quale potrebbe essere l’insegnamento della religione nelle scuole (cosa non sempre possibile).
In verità, ho deciso di intraprendere questo percorso nell’ipotesi di conciliarlo con un lavoro part-time e per verificare la mia vocazione, con l’impegno di tirare le somme a fine anno.
Ho incontrato docenti e colleghi molto gentili e disponibili.
Prima di frequentare l’ISSR avevo letto una serie di libri validi sul discernimento degli spiriti e sull’esame dei moti interiori e dei vizi, stupendomi del fatto che quelli che avevo erano molti più di quelli che immaginavo. Devo dire che anche questo cammino “solitario”, per quanto buono, portava in sé il rischio di fraintendimenti e rendeva necessario il consiglio di un direttore spirituale. L’altro rischio era quello di lasciare a metà il percorso.
Frequentare la facoltà teologica, sinora, mi ha permesso di conoscere alcune opere del periodo dei Padri Apostolici che forse non avrei mai letto per conto mio, come il Pastore di Erma e il Martirio di S. Policarpo, i quali mi hanno fatto comprendere la portata della radicalità dei primi cristiani e mi hanno illuminato su alcune questioni, come ad esempio la catena delle virtù.
Inoltre, ho tratto beneficio dallo studio della Storia della Chiesa, pentito di non aver studiato bene la storia al liceo. Il confronto con altre culture cristiane e con il primo cristianesimo mi ha insegnato che dietro ogni avvenimento storico si esplicita un preciso progetto di Dio di convertire i popoli e il protestantesimo mi ha mostrato che l’intermediazione di un sacerdote, la sfiducia nel clero e la progressiva disattenzione alla salvezza dell’anima può portare ad un rapporto diretto con Dio spesso inesistente e doppio. Se pure Dio sa tutto di noi, la necessità di confessarsi va considerata una grazia da non sprecare restando sempre vigilanti e prudenti e, soprattutto, chiamandosi “penitenza”, dovrebbe comportare penitenze concrete, diverse da quella di recitare solamente delle preghiere, specialmente se uno ha un vizio, come ad esempio quelle singolari e originali di S. Filippo Neri.
Per ora sono contento del mio percorso e, pur nel caso si trattasse di una parentesi, so già che mi avrà dato degli spunti importanti per migliorare il mio percorso di fede.
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