Sempre più spesso si sente parlare di “Beni Comuni”, ma ad ogni buon conto è considerato bene comune non la semplice sommatoria di beni e degli interessi individualistici ma un bene sociale che le persone condividono grazie alla loro attiva partecipazione alla vita della comunità. Il bene comune è un bene di tutti e di ciascuno affinché tutti siano responsabili di tutto. La scuola allora è un bene comune? Non è un interrogativo di poco conto.
Parlare di bene comune in un contesto – come abbiamo visto nel corso del nostro lavoro – talvolta frammentato, diviso, caratterizzato da corti orizzonti ove le differenze culturali, linguistiche, valoriali possono costituire problema non è cosa facile.
Certo è che nella scuola il rapporto educativo (nei suoi connotati di verticalità ed orizzontalità dato che si impara anche cooperando e vivendo assieme) èil fattore primario e originale che innesca e sviluppo il bene personale ma anche il bene comune.
Nella scuola il bene comune assume una connotazione dinamica e coevolutiva e costituisce iol più solido anello di congiunzione tra generazione e generazione, tra una età presente che sta velocemente cambiando e quel futuro che vogliamo costruire –proprio a partire dalla scuola- dando un senso alle trasformazioni in atto.
La scuola è dunque un bene comune, ed è un bene comune capace di guardare e di costruire il futuro. Ecco perché è quanto mai necessario che il nostro Paese decida di investire – seriamente- in educazione. Se non si sceglie di investire in educazione si rinuncia crescere.
La scuola non è solo il luogo del trasferimento del sapere ma è il luogo in cui il sapere si costruisce cooperando ed interagendo con gli altri nella logica del bene comune.
La scuola deve essere di tutti, parlare a tutti, valere la pena per tutti. Ogni ragazzo perso è una sconfitta per la scuola e per l’intera società.
Ecco perché a tutti deve essere garantito il diritto e la possibilità (un diritto senza possibilità avrebbe poco senso) concreta di accedere al bene scuola e di usufruire di una soglia adeguata di istruzione e di formazione.
La scuola “bene comune” non può che essere la scuola dell’inclusione. E ciò apartire dai ragazzi che dovrebbero esserne sempre al centro.
Da una ricerca della fondazione per la scuola commissionata dall’istituto IARD, i ragazzi italiani vivono in contesti con poche certezze, con pochi punti di riferimento attendibili, con poche guide capaci di sostenere, ascoltare, incoraggiare. Di conseguenza non è facile per loro costruire una identità personale e sociale, capire chi si è, cosa si vuole ed in cosa si crede.
La scuola dell’inclusione, allora, diviene il luogo in cui si dialoga, si coopera, dove si evita la costruzione di nuovi muri, ove si apprende la centralità dell’alterità e dell’intersoggettività nella storia e nella società, in cui la diversità non divide ma unisce: un bene comune in divenire, un ponte tra passato, presente e futuro.
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