Un boato ha scosso nella mattinata del 27 novembre scorso il popolare quartiere materano di Villa Longo. Ci si preparava a un tranquillo sabato come tanti altri, quando si è avvertito il boato e alcune palazzine del rione hanno cominciato a ondeggiare sensibilmente. Il primo pensiero è stato a un terremoto, ma quando gli abitanti si sono riversati in strada, come solitamente si fa per una scossa sismica, lo scenario che si è presentato ai loro occhi era ben diverso. Un appartamento al primo piano di una delle palazzine di via Torino era letteralmente sventrato. I soccorritori, accorsi sul posto, hanno attribuito l’incidente a una probabile fuga di gas; un uomo e una donna che presentavano gravi ustioni sono stati trasportati in codice rosso al pronto soccorso da dove, in considerazione della gravità delle ustioni, sono stati trasferiti al Policlinico di Bari.
Altri feriti meno gravi erano sul marciapiede antistante l’abitazione, colpiti dai calcinacci scagliati dall’esplosione mentre presumibilmente erano in attesa alla fermata dell’autobus. La palazzina, abitata da una quindicina di persone, è stata evacuata. Appena due settimane fa, altre due palazzine erano state evacuate nell’adiacente via Sturzo per un cedimento strutturale.
Recentemente, proprio su questo giornale, ci eravamo occupati di questo quartiere, in festa per il 50° Anniversario della Dedicazione della Chiesa di San Paolo Apostolo, la chiesa parrocchiale. “La costruzione prima e la Dedicazione poi della chiesa” scrivevamo in una nota di redazione, “hanno rappresentato il principale, e per molto tempo l’unico, luogo di aggregazione sociale, oltre ad essere riferimento religioso per quanti venuti ad abitare nella zona dopo lo sfollamento dei Sassi o giunti a Matera per esigenze di lavoro”.
L’intero quartiere era sorto nel decennio precedente alla costruzione della chiesa, attorno a una costruzione preesistente, la Villa Longo, appunto. È un quartiere periferico, questo, ma con una comunità che non si è mai rassegnata a essere periferia. Nei primi anni di vita del quartiere c’era anche un giornale parrocchiale che si chiamava proprio così, “La Periferia”, diretto da Stefano Mele, un giornalista poi passato alla Gazzetta del Mezzogiorno; quel giornale usciva anche dal cuore del parroco dell’epoca, il carissimo don Nicola Colagrande. Don Nicola era un sacerdote che sembrava vivere affacciato sulla strada e per questo si potrebbe vedere oggi in lui un anticipatore dello spirito sinodale, in particolare di quel “cantiere della strada e del villaggio” che viene proposto dalla Chiesa.
Davanti alla parrocchia c’era il terminale dei bus e poco più in là la stazione ferroviaria. Don Nicola guardava con sofferenza a tanti giovani che partivano per andare a vivere lontano; lui sperava che quell’esodo si potesse prima o poi fermare. L’ultima speranza è stata l’occasione di Matera 2019, Capitale europea della cultura. “Che peccato” confidò a Franco Martina, giornalista e amico, parlando dell’esodo delle giovani generazioni “studiano, i loro genitori fanno sacrifici e poi qui trovano poco o nulla, lavoro sottopagato se va bene. Matera, la Basilicata hanno bisogno di loro. Non è possibile che si fanno solo convegni e pochi fatti”.
Don Nicola Colagrande è tornato alla casa del Padre nel settembre di quel 2019 ma l’incidente di sabato scorso ha immediatamente richiamato le sue parole di dolore per questo quartiere dove si sono visti “pochi fatti”. Davvero poco è stato fatto per fermare l’esodo dei giovani, per evitare che questa periferia diventasse ancora più periferica ed emarginata dal contesto urbano; poco si è fatto per preservare questo bel quartiere dal degrado, perché si tratta di un rione che è stato dichiarato dal Ministero della Cultura un Bene di interesse culturale particolarmente importante, ai sensi del Dgs 22 gennaio 2004 n.42.
Il quartiere, infatti, ha un grande valore storico, oltre che architettonico per la presenza della residenza di campagna dei Longo, nobile famiglia di origini napoletane; quella Villa Longo che dà il nome al rione. Il valore storico è invece legato agli interventi edilizi previsti dal Piano Fanfani degli anni Sessanta, affidati all’INA Casa e all’Istituto Autonome Case Popolari di Matera, l’IACP, un Piano che ha veramente cambiato il volto della città intera. A questo proposito, vogliamo riproporre quanto più ampiamente scriveva il Consiglio pastorale della parrocchia San Paolo (link).
L’area della Villa è stata nel corso degli anni molto animata; c’era in passato un edificio scolastico e perfino un cinema di quartiere. Fino a poco tempo fa qui era attivo anche un presidio ambulatoriale dell’Azienda sanitaria materana, purtroppo una delle prime strutture sanitarie soppresse con l’avvio di quella sciagurata politica che sta portando a privare tutto il territorio dei servizi sanitari di prima necessità.
Oggi chi si affaccia dalla parrocchia San Paolo troverà la piazza recintata per un cantiere aperto su quel terminale degli autobus che tanta tristezza suscitava in chi vedeva i giovani partire verso le regioni del Nord e abbandonare la loro terra. Quel cantiere sembra oggi abbandonato. È abbandonato perfino ciò che era diventato il simbolo dell’abbandono. Una tristezza nella tristezza, una tristezza senza fine.
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